Public health literacy

L'informazione e la divulgazione scientifica nell'epoca della complessità.

Per un progetto di Public Health Literacy.

Il progresso scientifico e tecnologico interpella le categorie etiche e giuridiche e la sensibilità diffusa. L'adeguamento dell'etica, delle leggi e dei comportamenti al divenire della ricerca e alle conseguenze della ricerca stessa sulla vita delle persone richiedono, da un lato, una riflessione esigente e matura in ambito giuridico, filosofico e politico e, dall'altro, una non scontata capacità divulgativa: sia perché non è la scienza a poter definire, in maniera autoreferenziale, i propri fini e i propri confini; sia perché la scienza e la tecnologia generano un impatto sociale vasto e pervasivo, che condiziona le vite di tutti e di ciascuno.

Il discorso pubblico su questi temi appare ostaggio di una prevalente superficialità e di convinzioni irriflesse, le quali sono forse la cifra del nostro tempo, che tendono più alla contrapposizione che alla ricomposizione e non esprimono legittime differenze di opinioni e punti di vista, ma prima di tutto e soprattutto la mancanza di informazioni basilari: il fatto che un'opinione pubblica non informata condizioni la formazione di norme, di codici di comportamento e di decisioni legittima qualche inquietudine, soprattutto da parte di chi – enti di ricerca, università, biblioteche, ordini professionali – ha come propria finalità irriducibile la difesa della autorevolezza dei punti di vista e la promozione del senso critico, cioè della capacità di giudicare in modo libero e consapevole sulla base di informazioni, di comparazioni e di verifiche. La società contemporanea, che viene talora definita società dell'incertezza e della post-verità, tende invece a derubricare il fatto in opinione e l'opinione in punto di vista; in tutti i casi, anche assumendo un'idea euristica di verità (scientifica) come costrutto relativo, provvisorio e per definizione sempre revocato in dubbio (cioè come enunciato falsificabile ma non falsificato), la sua nozione rimane ineludibile, sia perché rimane in ogni caso una dimensione verso la quale tendere, sia perché, comunque la si valuti, produce conseguenze dirette, inevitabili e concrete sulle nostre scelte.

Su queste dimensioni, l'impatto della Rete non è stato solo quantitativo, ma innanzitutto qualitativo. La Rete costituisce una realtà intrinsecamente ambivalente, perché, da una parte, mette a disposizione di chiunque una quantità inimmaginabile di informazioni, alle quali consente un accesso libero e, etimologicamente, immediato; e, dall'altra, espone gli utenti meno dotati di strumenti critici a inesattezze, verità parziali, falsità, comunicazioni manipolate o distorte. La Rete rende per molti versi non necessaria la funzione di intermediazione tra le informazioni, i documenti, le fonti e i loro utilizzatori; non necessaria non significa, tuttavia, superflua: al contrario, nella fase detta anche della disintermediazione informativa (per cui qualche decisore pubblico, in altri contesti nazionali, sta addirittura mettendo in discussione l'utilità stessa delle biblioteche pubbliche), appare sempre più urgente la disponibilità di competenze distintive in grado di orientare verso l'effettività dell'accesso alle informazioni, la loro validazione, la loro comparazione consapevole.

Un mondo sempre più complesso è, nello stesso tempo, anche un mondo sempre più superficiale; un mondo, in altre parole, che tende alla risposta immediata, alla semplificazione, alla banalizzazione, rinunciando alla fatica di un approccio riflessivo. Anche per questo, nel dibattito disciplinare nel campo delle scienze dell'informazione, dell'epistemologia, del giornalismo, dei diritti civili si va facendo strada il concetto di diritto alla verità, intesa non nel suo significato ingenuo (e nei fatti non difendibile) di certezza assoluta, definitiva e irrevocabile, ma in chiave metodologica; ciò che viene affermato è, in questo senso, il diritto di essere informati in modo veridico; il diritto di essere nelle condizioni di giudicare e cercare la verità; il diritto di essere sostenuti nella ricerca delle fonti affidabili di verità; il diritto a vivere in una società che favorisca e salvaguardi l'acquisizione della verità; il diritto di vivere in una società nella quale sia riconosciuta l’importanza della verità nella vita privata e associata.

L'esigibilità dei diritti al perseguimento della verità, che vengono chiamati diritti aletici, ha natura di bene pubblico; l'autorevolezza delle istanze che possono renderlo effettivo passa per la loro terzietà rispetto ai “luoghi” nei quali le informazioni vengono prodotte o diffuse. Terzietà che appartiene allo “statuto” dei sottoscrittori di questo accordo, che si riconoscono nei princìpi della laicità, del pluralismo, dell'approccio critico, consapevole e responsabile alle informazioni, i quali appartengono ai valori fondativi della loro missione di strutture pubbliche, o titolari di una funzione pubblica, preordinate allo sviluppo di coscienze libere.

La laicità è qui intesa come autonomia morale degli individui rispetto ad ogni autorità.

Il pluralismo si riferisce alla corretta rappresentazione della legittima molteplicità dei valori e dei punti di vista. In nessun caso, tuttavia, il pluralismo può essere dilatato fino alla sua distorsione, cioè fino ad ammettere opinioni in contrasto con il rispetto degli altri e la dignità delle persone. Analogamente, il pluralismo non può essere confuso con l'ammissione di posizioni manifestamente antistoriche, antiscientifiche o controfattuali.

L'approccio critico alle informazioni consiste nella validazione delle fonti, nella loro comparazione, nella verifica della fondatezza e della qualità degli enunciati, nella discussione pubblica basata su dati di fatto e su argomentazioni.

L'approccio consapevole risiede nella coscienza della ipoteticità e della provvisorietà dei dati e delle loro interpretazioni, ma, nello stesso tempo, della necessità di documentarne il livello più avanzato e la loro natura incrementale.

L'approccio responsabile si fonda sulla scelta etica di non selezionare arbitrariamente fatti e interpretazioni per accreditare un punto di vista prevalente sugli altri e, nello stesso tempo, sulla netta distinzione tra indipendenza (o imparzialità) e indifferenza.

Avvicinandosi allo specifico dell'accordo e della sua intenzionalità, è necessario rilevare che l'impatto delle tecnologie digitali e delle scienze biomediche sulla vita quotidiana delle persone, sulla loro salute, sulle politiche sanitarie, sulle pratiche terapeutiche, sulla diffusione e la comprensione delle informazioni correlate (soprattutto, ma non solo, nel caso dei trattamenti di fine vita, dell'obbligo vaccinale, dell'ingegneria genetica) richiedono un nuovo e determinato impegno in quanto oggetto di valorizzazioni discordanti e, spesso, inconciliabili.

Le più avanzate esperienze internazionali di promozione della salute pubblica vedono le biblioteche come principali partner, proprio per la loro vicinanza alle comunità. I programmi di Public Health Literacy delle biblioteche statunitensi, pur in un contesto di servizio sanitario molto differente rispetto a quello pubblico italiano, pongono in capo alle biblioteche stesse il compito di lavorare con personale sanitario in molteplici direzioni: organizzando iniziative di formazione di base rivolte alla comunità sulla salute e il benessere; fornendo supporto nell'accesso a Internet, finalizzato al recupero di informazioni sulla salute; indirizzando gli utenti verso i presidi locali di salute pubblica; distribuendo e diffondendo materiale informativo anche con i propri mezzi di comunicazione. Il personale delle biblioteche, inoltre, segue programmi aggiuntivi di formazione per rispondere in modo appropriato ai bisogni informativi degli utenti in ambito sanitario. Le biblioteche, infine ma non per ultimo, possono concorrere attivamente alla produzione di sapere libero e collaborativo.

Quello dell'Health Literacy è, d'altra parte, un ambito strettamente legato al tema dell'Information Literacy, su cui le biblioteche lavorano da sempre, ponendosi come imprescindibile luogo di intermediazione fra i bisogni informativi dei cittadini e le informazioni, cioè come funzione strumentale per individuare, valutare, ed usare in modo effettivo l'informazione di cui l'utente ha bisogno, nella crescente e talora indecidibile complessità del contesto sociale attuale.

[Trento – Biblioteca comunale, novembre 2018]

Pubblicato il: Lunedì, 17 Dicembre 2018 - Ultima modifica: Mercoledì, 03 Luglio 2019

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